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Con sempre maggiore frequenza, sento dire da più parti che prendersi cura di un animale domestico possa essere, per un bambino, un’ottima esperienza con cui sviluppare empatia e imparare meglio a relazionarsi con il mondo.
(A questo proposito, ho trovato in rete un articolo, da cui la foto qui sopra, che elenca con semplice chiarezza tutti i possibili benefici del rapporto bambino-animale).
A patto che, è il mio modesto parere, il bambino non sia troppo piccolo – direi non sotto i 3 anni, se più grandicello pure meglio – e sia ben consapevole che il gatto, il cane o il criceto che si ritrova fra le mani non è un pupazzo di pezza animato, da stringere e stiracchiare a piacimento.
Io ho avuto il mio primo cane fra i 6 e i 7 anni, quand’ero in prima elementare. Non saprei dire se e quanto il mio sviluppo emotivo ne abbia tratto beneficio, ma di certo il mio rapporto con gli animali è sempre stato importante, fatto di curiosità, di affetto, di interazioni come con un compagno di giochi e vero membro della famiglia, con le sue precise caratteristiche. Prima di allora, il solo cane che avessi avuto modo di osservare da vicino apparteneva ad alcuni parenti, cui ci si recava a far visita con una certa regolarità. Il cagnolino si chiamava Nicky, ricordo che si sdraiava sulla schiena per farsi grattare la pancia, e al me stesso di proporzioni ridotte che ero allora sembrava enorme.
Non avevo ancora visto niente.
Un bel giorno, credo fosse un sabato o una domenica, mio padre rincasò nel tardo pomeriggio e, affacciandomi sul cortile dalla finestra del primo piano, con mia grande sorpresa vidi scendere dal baule della sua auto un cane.
E che cane! Di taglia più grande che media, pelo folto, muso allungato; era senz’altro un meticcio, ma assomigliava tanto a un Collie, o come si diceva allora in gergo familiare, un Lassie, dal famoso film degli anni Quaranta, fonte di svariati remake e serie tv.
Non ho una sua foto, ma il cane ritratto qui sopra lo ricorda molto, fatto salvo per il pelo attorno al collo, meno abbondante, e una colorazione fulva uniforme del mantello.
Mio padre e suo fratello lo avevano trovato che vagava ai margini di un appezzamento di terreno, nei pressi della casa di famiglia. Il cane appariva in discrete condizioni, anche se pareva aver passato qualche notte all’addiaccio. Era senza collare ma con un pezzo di corda legata al collo; dunque, o si era allontanato da qualche cascina dei dintorni, oppure era stato abbandonato da poco. Mio padre e mio zio avevano provato a chiedere in giro, senza ottenere risultati. Propendendo per la seconda ipotesi, il mio vecchio decise quindi di portarlo a casa; e così eccoci tornati al momento del mio primo incontro con il mio primo cane, una sorpresa di cui ero felicissimo.
Lo chiamai Dick, da Dick Shelton, protagonista del romanzo La freccia nera di Robert Louis Stevenson e interpretato da Aldo Reggiani nello sceneggiato RAI riproposto in tv poco tempo prima, di cui (neanche a dirlo) ero un ammirato fan.
Purtroppo non ho molti ricordi, né molto precisi, del tempo trascorso con il mio primo amico a quattro zampe. Sono trascorsi decenni, ed ero troppo piccolo, non ero ancora abituato a osservare e memorizzare, oltre che a guardare. Più che altro, conservo memoria di alcuni episodi.
Dopo qualche giorno mio padre si mise d’impegno e gli costruì una cuccia.
Una bella cuccia di legno fatta a casetta, col tetto a doppio spiovente, che poi all’esterno venne verniciata di verde scuro e da allora ha ospitato un numero imprecisato di cani. La conserviamo in buono stato ancora oggi.
Il mio vecchio è sempre stato bravo con il legno, nonostante non abbia mai avuto molto a che fare con quel genere di lavori. Era ispirato nella progettazione e preciso nella realizzazione. Si vede che c’era portato, forse nasconde in sé un artigiano mancato, chissà. Senza dubbio è una manualità, la sua, che io non ho ereditato.
Ho un ricordo preciso di lui che lavora in garage, inchiodando le assi delle pareti intorno allo scheletro della struttura, che comprendeva già il pavimento, e io che mi infilo dentro mentre lui lavora, con l’odore di resina di quel legno di pino che mi riempie le narici. Il che può dare un’idea delle proporzioni fra il me di allora e il mio cane, che in confronto al suo padroncino aveva la taglia di un pony.
E proprio come un bravo cavallo del vecchio west, con il suo cowboy disarcionato e aggrappato alle redini penzolante oltre l’orlo di un burrone, ci fu un mattino in cui il buon Dick si prestò a tirarmi fuori da un impiccio.
Fra il cortile di casa nostra e quello di un vicino, la cui abitazione era appena stata ultimata, mancava ancora il muro di cinta. In quei giorni era stato scavato il solco per gettare le fondamenta del muretto medesimo, e per un po’ avevo gironzolato intorno allo scavo resistendo all’impulso di saltarci dentro. All’epoca mi inerpicavo e mi calavo dappertutto, una montagnola di terra in giardino, per me, era una mesa del Deserto Dipinto su cui arrampicarmi e fingere di dovermi difendere dagli agguati di qualche bandito. Potete immaginare dunque perché non resistetti molto prima di provare a scendere in quello scavo di terra rossiccia, che ai miei occhi assomigliava a un postazione di difesa lungo un tratto scoperto. Solo per accorgermi che era troppo profondo per poter risalire senza sporcarmi. Avrei dovuto allungare le braccia sul terreno, sporgere il busto contro il bordo, e spingere con piedi contro le pareti ripide dello scavo. Già mi immaginavo i rimproveri dei miei, al vedermi inzaccherato di terra fresca dal collo in giù.
Mentre ero lì che non sapevo come fare, Dick si avvicinò, mi guardò per qualche istante e poi si accucciò sul bordo del fossato, proprio sopra di me.
Io mi aggrappai alla sua schiena, lui si tirò su sulle zampe e mi issò di peso per quei 20-30 centimetri che mi servivano per sbalzare un piede oltre l’orlo, e tirarmi fuori di lì. Accade tutto in fretta, e non saprei dire come mai il mio cane, una volta sentite le mie mani a premergli sulla groppa, non si sia allontanato ma sia rimasto fermo sul posto, aiutandomi a venirne fuori facile e pulito. La sola cosa che so è che andò proprio così. Imparai dunque, molto presto, che i cani sanno essere assai più “svegli” ed empatici di quanto non dica il loro quoziente intellettivo, considerato pari a quello di bambini di 2 anni. L’intelligenza non è tutto, proprio no 🙂
(continua)
L’ha ribloggato su Julian Vlad.
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Assolutamente emozionante. Io sempre cresciuta con i cani, i gatti e altri animali che via via mio fratello trovava e portava a casa.
Mio figlio è’ nato lo stesso mese di Golia il nostri gigantesco levriero afgano ed è aggrappandosi al suo collare che ha mosso i primissimi passi. Esiliranti i due!
Non potrei vivere senza questa amorosa presenza ( il gatto no).
sheraconunabbraccio
Questo è Achille trovato due settimane fa da mio fratello nel parcheggio del supermercato!!! Adesso è parte della famiglia a pieno titolo
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Eh, i cani per me so piezz’e core 🙂
Certo che, per un bambino, muovere i primi passi aggrappato al collare di un levriero afgano dev’essere un’esperienza di quelle che si ricordano fra sogno e realtà!
Achille è carinissimo, sono felice che abbia trovato una famiglia. Bravo tuo fratello, bravi voi.
Un abbraccio
P.S. Venerdì sera com’è andata? C’era un bel pubblico?
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Che bella creatura, il tuo Dick: forse un essere umano lo avrebbe fatto di malavoglia e sporcandoti tutto
Il mio cucciolone si chiama Astor ed è un grande Amico
Apprendo da lui cose che neanche immaginavo esistessero
Gli animali fanno bene e del bene a grandi e piccoli
Grazie mille, Dario
Un forte abbraccio per un dolce week end
Mistral
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Com’è vero, cara Mistral! Gli animali ci fanno del bene perché, nel rapportarsi con noi, ci reinsegnano la pazienza, la naturalezza e la sincera bellezza della semplicità.
Grazie a te, e un abbraccio speciale al tuo cucciolone.
Dario
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Ps: ma oltre ad Astor anche Dear, il mio micione mi è indispensabile come l’ aria
🙂
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Naturalmente, non ci si può dimenticare del tuo splendido micio 🙂
Una carezza anche a lui!
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Bellissimo articolo, condivido in pieno l’idea che un bambino che cresce con un cane è un bambino privilegiato. Io ci sto in mezzo da sempre, quando sono nata i miei avevano 8 (otto!) pastori tedeschi che mi si sono subito affezionati e mi proteggevano al costo della vita…sono più che sicura che l’esser cresciuta in mezzo agli animali abbia contribuito a rendere il mio sistema immunitario più forte oltre che aver sviluppato un amore incondizionato per loro! Se c’è un continuo non vedo l’ora di leggerlo…baci 😉
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Otto pastori tedeschi?? Ti invidio un po’, eri praticamente un capo muta 😉
Sì ci sarà un prosieguo, del mio primo come degli altri cani.
Grazie della visita, e a presto!
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Sì erano tutti pazzi per me! Immagina il dolore quando poco a poco io crescevo e loro mi lasciavano 😦
Mia madre mi racconta sempre di quella volta in cui ero vicino al cancello a giocare con loro, ero molto piccola quindi non me lo ricordo…passavano di li dei soldati che andavano a fare l’addestramento poco più su di casa mia, io mi avvicinai curiosa e mi misi a guardarli mentre camminavano. Uno di loro ebbe la bella idea di fermarsi a farmi le moine e infilò la mano tra le sbarre per farmi una carezza…devo continuare? XD
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Credo di immaginare il seguito 😀
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Già… poi dicono “ti denuncio, mi ha morso!”
Ma cazzo! Tu mi infili le mani nel cancello di casa, fatti una domanda -.-”
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Lieta giornata, caro Dario
Mistral
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Grazie, cara Amica.
Oggi giornata campale di vaccinazione dei miei tre pelosetti, giusto per restare in tema, ti lascio immaginare con quale gaudio da parte loro. Ce l’abbiamo fatta, ma decisamente ora sono un po’ stanchino 🙂
Lieta giornata anche a te!
Un abbraccio
Dario
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Io ho sempre avuto gatti, fin da piccolissima. Solo da quattro anni ho un cane. Ti dirò…forse molti non ci crederanno, ma anch’io avrei un sacco di storie da raccontare sui miei gatti, tutti con personalità diverse, che ho sempre amato molto. Come dice l’articolo, forse ho proprio imparato con loro ad accettare la morte, ogni volta in cui ne ho perso uno, e anche ad accettare la crudeltà della vita, vedendoli cacciare i topolini. Il cane dà molto, ma prende anche molto di più. A volte ho l’impressione di avere di nuovo un bambino. Lo porto a socializzare con i suoi simili, a spasso, al ristorante….Ma qualche volta è capriccioso, proprio come un bambino, e poi abbaia…mannaggia come abbaia! I gatti miagolavano solo quando avevano fame, non quando vedevano il postino, o i parenti dei vicini di casa! Il mio cane fa la guardia anche ai vicini! 😦
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Eh sì, pure i miei cani fanno la guardia anche ai vicini 🙂
Di gatti ne abbiamo avuti pochi, non perché non andassero d’accordo con i cani, anzi, non c’è mai stato il minimo problema, ma perché con la statale appena oltre il muro di cinta del giardino sono andati tutti incontro a fine prematura, e ci siamo stancati di doverli raccogliere dall’asfalto, poveri.
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Dimenticavo! Anch’io avevo amato moltissimo “La freccia nera” però io tifavo per Joan Shelton, se non ricordo male, la fidanzata del protagonista, che si era fatta passare per un giovanotto all’inizio della storia! 😉
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Sì, me la ricordo. Era una giovanissima Loretta Goggi 🙂
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